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Tiche,  la dea Fortuna 

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Antonia Calabrese, Tiche, la dea Fortuna (2010), 

tempera e acrilico a gouache su tela, cm. 40 x 50. 

Collezione privata.° ° °

Tiche,  la dea Fortuna 

T

iche, o Tyche, era una divinità greca personificazione della fortuna, del benessere, della prosperità e del destino. Era pensata come una delle Oceanine, figlie del Titano Oceano e della Titanide Teti, ma in altre versioni è considerata figlia di Ermes ed Afrodite oppure di Zeus. Non è dotata di una propria mitologia in quanto di lei non si narrano le gesta. Veniva qualche volta rappresentata come una donna assolutamente nuda, bendata, con una cornucopia fra le mani, simbolo di abbondanza, rovesciata, il cui contenuto si spargeva a terra a caso. A volte, stringeva fra le braccia un giovinetto Pluto, il Dio della Ricchezza. Altre volte veniva simbolicamente rappresentata come una donna cieca e calva di modo che non fosse possibile afferrarla per i capelli, e con le ali ai piedi che le permettono di sfuggire prontamente. Oppure, con un piede appoggiato sopra una ruota che gira continuamente, simboleggiante la Ruota della Fortuna, e l’altro proteso in aria. Veniva anche effigiata perfettamente abbigliata e coronata di corona turrita, simboleggiante le mura della città. 

Tiche appare su alcune monete dell’era pre-cristiana, soprattutto della regione dell’Egeo e, nel Medioevo la si rappresentava con il corno dell'abbondanza e con un timone significante che è lei che pilota la vita degli uomini, seduta o in piedi, talvolta cieca o bendata.  

Per i Romani, la dea Fortuna, corrispettiva di Tiche, aveva simbolicamente un ciuffo di capelli sul capo calvo per il quale si rendeva necessario afferrarla repentinamente prima che sfuggisse. Concretizzazione del destino e della fortuna, Tiche rappresentava tanto la buona quanto la cattiva sorte ed era venerata ed onorata in quanto protettrice del benessere pubblico. In tarda epoca, la si identificò con la Sorte, la Dea Destino, che aveva il potere di decidere la fortuna tanto dei singoli quanto della collettività, regolamentando gli eventi al di fuori dei programmi umani. La sua attività è simile a quella delle Moire, ma Tiche, la dea Fortuna, è sempre una divinità benevola.  Ella definisce il destino dei mortali, come giocando con una palla che rimbalza e che simboleggia l’incertezza della vita e delle decisioni umane, ed infine, nessuno ha da vantarsi della sua buona fortuna o trascurare di ringraziare gli Dei per quanto ottenuto in vita a pena di trarsi addosso la punizione della dea  Nemesi, la giustizia compensatrice o giustizia divina o giustizia retributiva. Secondo l’originaria credenza, Tiche  distribuisce  gioia o dolore secondo giusta misura e dunque, per  “nemesi” si intende l’evento o situazione negativa che segue ad un periodo fortunato, come atto di giustizia compensatrice ripartita dal Fato e l’idea è che il mondo è sottoposto ad una legge di equilibrio per cui il bene ricevuto deve essere controbilanciato dal male in misura proporzionale. Giacché è a lei che Zeus ha conferito il potere di decidere la sorte dei mortali, ad alcuni concede i doni contenuti nella cornucopia dell’abbondanza ma ad altri nega addirittura l’essenziale per tirare avanti. Però, Tiche non è responsabile delle sue scelte in quanto corre qua e là facendo rimbalzare la sua palla figura dell’incertezza della sorte umana e se dovesse avvenire che alcuno che sia stato da lei favorito dovesse vantarsi delle proprie ricchezze senza mai sacrificarne parte agli Dei o alleviare con esse le sofferenze dei  propri concittadini, la dea Nemesi si presenta ad umiliarlo.

Tiche è menzionata da Esiodo e la sua importanza crebbe in età ellenistica, tanto che ogni città aveva la propria iconografia della Dea, che veniva rappresentata con corona turrita, in particolare ad Antiochia e ad Alessandria dove fu onorata come Dea protettrice della città. Il suo culto è riconosciuto a partire dalla seconda metà del V secolo a.C. ad Antiochia, epoca in cui lo scultore Eutichide, realizzò la famosa “Tiche” di Antiochia. Tiche fu identificata dai Romani con la dea Fortuna, Dea del Caso e del Destino, apportatrice di  fertilità e buona sorte, e le fu da essi attribuita come figlia la Necessità. Secondo alcuni Fortuna deriva la sua figura dalla Tiche greca e secondo altri dalla dea Fortuna etrusca ma con ogni probabilità era un'antica divinità riconosciuta tale ben prima della fondazione di Roma. I Romani, però, attribuivano l’introduzione del culto di Fortuna a Servo Tullio, il re che più, fra tutti, fu favorito dalla Dea. Si racconta, infatti, che Ella lo amò, benché fosse mortale e solea fargli visita passando attraverso una piccola finestra. Una statua del re Servo Tullio si ergeva in uno dei templi della Dea.

Fortuna era anche una dea oracolare e secondo la tradizione italica, la divinità della nascita e della crescita di esseri viventi e piante ed era guaritrice.Era cioè la Dea primigenia, l'antica Grande Madre, da cui tutti gli dèi discendono nel triplice aspetto di colei che dà la vita che accresce, nutre e sostenta e somministra la morte. Era dea della guerra, della giustizia e della morte. Nella religione romana presiedeva al caso e al destino con attributi che la assomigliano sia a Tiche che ad Anake il cui corrispettivo era Fatum, il Fato.  Nel suo culto si associavano tanto i motivi della fertilità e del destino quanto quelli dell'oracolo, come dimostra fra l'altro, il del santuario di Preneste (RM). Secondo Aristotele, è Fortuna la causa accidentale di tutte le cose: “in quelle cose che non avvengono né sempre né perlopiù”, né che avvengono per scelta in vista di un fine; è una particolare forma di “caso”, contro cui nulla può opporre  la volontà umana. 

Il concetto di “Fortuna” sopravvive ai giorni 

nostri

.  

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